Cor. Cuore. Coraggio. Be courageous

Una lettura personale, al tempo del Coronavirus.

Pochi giorni fa è arrivato in ufficio un pacco che nessuno di noi aveva ordinato. L’etichetta riportava il mio nome ed io ho passato alcuni istanti a tentare di capire cosa potesse essere. Poi finalmente una lampadina si è accesa e mi è tornata alla mente una conversazione con un cliente: “nei prossimi giorni arriverà un pacco per te”. Apro il cartone esterno e, all’improvviso, la mia mascella cede alla forza di gravità. Gli occhi si allargano su una bellissima, grande scatola color tortora, chiusa ai lati da un nastro di stoffa. Al centro la scritta “Brunello Cucinelli”. All’interno altre scatole più piccole, di varie dimensioni ed un biglietto scritto a mano: “Un piccolo pensiero per l’aiuto, l’ascolto e la squisita disponibilità. Nella speranza di poterci vedere presto. M.”

Tra i tanti oggetti che M. aveva scelto di inviarmi (si, ammetto che per una frazione di secondo ho sperato in un maglione o una borsa, ma sono tornata subito coi piedi per terra), il più bello era un quaderno dalla copertina color avana con una scritta in blu: “Be courageous”. Sul suo sito, il re del cashmere scrive:

“Dal latino “cor”, cuore, deriva la parola coraggio, una forza d’animo che si può manifestare in tanti modi diversi. Essere coraggiosi, abbattere le barriere… Perché il coraggio … Ci rende liberi d’immaginare e, soprattutto, ci dona la forza per realizzare i nostri sogni… Prendere una decisione importante, difendere le nostre idee e quelle degli altri, rischiare significa avere coraggio.”

Mentre tutti noi ci troviamo in mezzo alla terza ondata di Coronavirus, il termine coraggio assume un significato fondamentale. Ho scritto e modificato questo post forse cento volte, qualsiasi frase digitassi mi sembrava banale e già sentita. Il coraggio ha mille forme, ma questo è un blog che parla di Ma Che Buoni e quindi oggi vi racconto il coraggio di chi ci lavora. Senza avere la presunzione di essere gli unici ad aver affrontato le difficoltà a testa alta o di aver costruito qualcosa di bello nonostante il periodo tremendo.

Coraggio è mio padre, che a 60 anni si rimette in gioco in un settore che non conosce, inventandosi qualcosa che non esisteva e che nel frattempo continua a venire ogni giorno in azienda e a seguire tutto ciò che gli compete. Senza lamentarsi della stanchezza, senza mai lasciare che il nervosismo prenda il sopravvento.

Coraggio è mia madre, che nonostante svolga un lavoro fisicamente pesantissimo, continua ad essere presente in cucina, a guidare e coordinare una squadra di 10 persone. Ad adeguare le linee produttive in base ai continui apri/chiudi/diventa giallo-rosso-verde-blu-fosforescente. Perché sa che se molla lei, tanti prodotti potrebbero mancare agli ordini mentre altri rischierebbero di restare invenduti in magazzino.

Coraggio è Laura che, nonostante 3 figli a casa in DAD ed un marito con un lavoro che lascia poco spazio alla vita personale, si organizza comunque per non perdere un solo giorno di lavoro. Segue fatture, spedizioni, brevetti, marchi, varie ed eventuali senza sbagliare un colpo. Perché sa che se mollasse lei, tutto si riverserebbe a cascata sui colleghi dell’ufficio che corrono già da mattina a sera.

Coraggio è il nome di ognuno dei miei collaboratori, che da un anno a questa parte hanno dovuto adattarsi a nuovi e diversi ritmi di lavoro. A prodotti, lavorazioni e confezioni diverse da quelle che conoscevano. A giorni in cui gli viene chiesto di mostrarsi ad una macchina fotografica, perché anche raccontare sui social come svolgono il loro compito in cucina è diventato importantissimo.

Coraggio è la mia amica Claudia, che segue la comunicazione di Ma Che Buoni come se si trattasse della sua azienda. Anche quando la sua azienda è costretta a chiudere e riaprire in base ai decreti. E’ la sua capacità di creare nuove strade, di investire in progetti nuovi anche quando l’incertezza del futuro bloccherebbe chiunque altro.

Coraggio è anche quello del mio compagno, che mi sostiene ogni giorno e mi regala risate allegre quando stiamo insieme la sera sera. Coraggio di due figli meravigliosi, che sopportano le tante ore di lavoro, la chiusura della scuola, e che quando sono a casa non chiedono altro che stare con me.

Cor. Cuore. Coraggio. Be courageous. #nonmolliamo

Sabato sera “filmone”

Ma Che Film. La rubrica di dicembre… preparate i pop corn!

Quando ero bambina, il sabato sera d’inverno per me era appuntamento fisso con Canale5 o Rete4. Fratelli o sorelle più piccoli da torturare non ne avevo, per cui, una volta “rubato” dalla cucina quello che più mi andava di mangiare, filavo su per le scale fino al nostro appartamento. Mentre mamma e papà lavoravano al ristorante, io cenavo in compagnia dei miei attori preferiti. Non erano cene tristi, tutt’altro! Ad accompagnare il pasto c’era sempre un bel film che mi faceva divertire ed i piatti che mangiavo prendevano poi per me il nome della pellicola di turno. Così avevo il filetto de “Il principe cerca moglie” o la crescia con il prosciutto di Fantozzi. Devo dire che rispetto ai sabato sera dei miei figli, a livello culinario il mio era di ben altro livello (mi spiace bimbi, ma per quello che non sa fare mamma, compensa tutto quello che sa fare nonna!).

Crescendo la passione non è diminuita, ma si è accentuata e spostata sempre più verso il cinema italiano. Io ed il mio compagno stiamo praticamente plasmando i gusti dei nostri figli tanto che Nicole a 10 anni conosce già il Marchese del Grillo ed il piccolo (3 anni!) ci fa le prime supercazzole. Ne sono molto orgogliosa, devo ammetterlo. In casa nostra, oltre a Peppa Pig e ai Me Contro Te c’è anche un bel pezzo di storia del cinema nostrano.

Così, quando si è trattato di preparare il calendario editoriale di Dicembre per Ma Che Buoni, la scelta è stata obbligata! Cosa c’è di più natalizio del filmone di Natale?! Si, sono sempre gli stessi titoli da 30 anni a questa parte. Si, non sono tutte esattamente pellicole da Oscar, ma a me fanno ancora morire dal ridere. “Senti sto prosciutto quant’è ddddorce?!” o “Polpppppette di Bavaaaaaria” sono frasi che in ufficio ripeto allo sfinimento, la povera Laura (che ha la scrivania di fronte a me) prima o poi mi chiederà un ufficio da sola. Non scherzo, una volta si è veramente portata un paio di cuffie rubate al figlio pur di non sentirmi. Probabilmente dovrei farmi delle domande, ma siccome “la risposta è dentro di te e però è sbagliata“, continuo imperterrita per la mia strada ed anzi, amplio i miei orizzonti anche sul web.

Per cui iniziamo il mese di Dicembre con la nuova rubrica: MA CHE FILM! Ogni sabato fino al 2 gennaio, pubblicheremo una citazione collegata ad un piatto della nostra super cuoca Loriana. Avrete tre possibili risposte e dovrete indovinare il film giusto. Cosa si vince? La gloria! Eh ragazzi, c’è la crisi! Scherzo, inviateci ogni settimana la vostra risposta su Instagram, Facebook o a info@machebuoni.it per vincere immediatamente un buono sconto del 20% da utilizzare sul nostro sito, una tantum, fino al 10 Gennaio 2021.

Ragazzi fatevi sotto, questa settimana apriamo le danze con un mito in carne ed ossa… a voi scoprire chi è!

Marchigiani nel DNA

In bilico tra glamour e autenticità: i marchigiani nell’epoca dei social

Da quando ho iniziato a lavorare, ho sempre seguito tante cose diverse in azienda. E non potrebbe essere altrimenti, perché siamo piccoli e nelle realtà come la nostra devi per forza saperti destreggiare tra mille cose. Questo vale per me, come per molti altri della mia squadra. Spesso mi capita che nel giro di una mattinata io debba passare dalla contabilità, al controllo etichette. Dagli ordini ai fornitori, alla logistica. Dal piano di autocontrollo HACCP, ai corsi di aggiornamento per la sicurezza sul lavoro. In questi giorni però mi sto dedicando tanto a quello che mi piace di più in assoluto del mio lavoro: i clienti.

Da un lato c’è un rapporto “in carne ed ossa”, perché abbiamo attivato il ritiro in sede e le persone vengono a provare le nuove SurpriseBox o ritirare le Magic box TooGoodToGo. Anche se ci vediamo a distanza e siamo coperti dalle mascherine, ho comunque modo di scambiare due parole e di sentire i loro commenti. Il che è una gran bella cosa, perché fanno piacere sia i complimenti sia gli spunti di miglioramento o le critiche.

Dall’altro lato c’è il rapporto “virtuale”, con i clienti a cui consegniamo in tutta Italia. Questo è più impegnativo, perché non posso fare affidamento sulla memoria fotografica. Però ho preso l’abitudine di guardare gli ordini della settimana e scrivere una mail ad ognuno per sapere se si sono trovati bene e quali consigli hanno per aiutarci a migliorare (nuovo ruolo: CRM umano). Richiede tempo, però è davvero utile. In uno di questi scambi neo epistolari, una gentilissima ragazza mi ha dato il suo feedback su Ma Che Buoni e su altri due siti da cui ha acquistato pasti pronti. Uno lo avevo già testato, mentre l’altro lo conoscevo solo di nome. Così stamattina, sbrigate le incombenze più urgenti, sono andata a vedere cosa offrivano di interessante e ho effettuato un ordine.

Quando ho visto il sito ho immediatamente fatto due considerazioni: dal punto di vista tecnico, offre funzioni molto più avanzate del mio. Inoltre, c’è tanto, tantissimo “glam”. Cosa intendo? Intendo che in home page c’è un cuoco che fa fare le giravolte a un invitante trancio di pesce, per poi stenderlo sul tagliere ed “accarezzarlo” col coltello. Gli ingredienti si mischiano e saltano in padella come stessi guardando Uliassi che cucina solo per te. Poi, andando a leggere le ricette, scopro che sono molto simili alla nostra selezione Natural Eat. MA, ma… C’è un MA che fa tutta la differenza! Presentano il tutto molto meglio di come facciamo noi con i nostri piatti unici. È come se conoscessero il segreto per vivere sani, belli e muscolosi fino a 150 e volessero condividerlo con te che li osservi. A me non sarebbe mai venuta in mente una home page del genere. Mi rendo conto che per quanto mi sforzi di imparare un nuovo modo di lavorare, di base sono convinta di una cosa: conta la sostanza, non la forma. Il mio metro di giudizio si basa su questo, non ci posso fare niente. Per questo non avrei mai pensato a un sito del genere. E’ il motivo per cui non sopporto i cuochi stellati, ma amo profondamente Benedetta Rossi. Il suo è l’unico programma di cucina che io abbia mai seguito in vita mia. E’ genuina, come quello che prepara. Senza artifizi, parla la mia lingua. A mio avviso, è questa una delle caratteristiche principali di noi marchigiani: facciamo cose buone e le presentiamo in modo semplice, perché siamo convinti che solo questo conti. Ma siamo sicuri di aver ragione?

Mi sa di no. Non siamo tutti Benedetta Rossi. E soprattutto, nel 2020 non si può pensare che basti cucinare bene per tenere in piedi un’azienda di pasti pronti. Questo però non significa voler tradire la nostra identità (anche perché non ci riusciremmo!). Quindi che fare? Mi sono risposta che l’unica cosa sensata è imparare da chi fa meglio. Per quanto riguarda Ma Che Buoni questo vuol dire rimettere in discussione il nostro punto di vista e imparare a raccontarci al meglio. Ad esempio attraverso questo blog, attraverso i social, attraverso il nostro sito. Affidandoci a voi che avete un punto di vista esterno. Affidandoci anche e soprattutto al sostegno di chi lo fa di mestiere. Qualcuno che sappia incanalare la nostra “marchigianità” nel modo giusto. E, ovviamente, continuare a fare bene quello che più amiamo: cucinare!

Ma Che Buoni: artigianale, marchigiano.

PS: in questo percorso ci accompagnano le ragazze di KakiDigital, e per fortuna che ci sono! Da sola non avrei combinato la metà di quello che ho fatto su Ma Che Buoni da luglio ad oggi. Ci mettono il cuore e la fantasia! Ecco qualche scatto in anteprima del “Natale” marchigiano che stiamo preparando insieme, per voi…