Ma che snack. La mia nutrizionista è differente.

“Voglia di qualcosa di buono”, ma Ambrogio non c’entra niente…

Si, lo so, la frase originaria era “la mia banca è differente”, ma quando penso a Elisabetta, Francesca e Sonia io non trovo definizione migliore.

Ci siamo conosciute a fine 2015, quando un caro amico di famiglia telefonò a mio padre dicendogli “Giordano, ho un progetto fantastico da sottoporti”. Quel progetto si chiamava Eat&Out ed io lo abbracciai immediatamente, con tutto l’entusiasmo di cui sono capace quando qualcosa mi interessa davvero. Del resto era difficile non innamorarsene: un gruppo di ricercatrici dell’Università Politecnica delle Marche mi proponeva di produrre menù nutrizionalmente bilanciati, da consumare in pausa pranzo, per un’alimentazione migliore. Sentivo parlare per la prima volta di topinambur, semi oleosi, dell’importanza delle farine integrali nella dieta di ogni giorno. Un mondo nuovo, tutto da scoprire. Una nuova opportunità di crescita, professionale e personale.

PS: non me ne sono innamorata solamente io, anche la giornalista del TG3 Marche Annalisa Serpilli, che infatti venne ad intervistarci in azienda! Clicca per vedere il servizio di FarMarche, video 1 e video 2 del 10 maggio 2016.

5 anni dopo, la collaborazione continua. Sarebbe davvero professionale (e figo) dire che ho condotto indagini di mercato approfondite e che ho studiato attentamente i trend dei consumi degli ultimi anni, prima di rivolgermi alle amiche di Biomedfood. In realtà ero semplicemente a dieta e non ne potevo più di alternare cracker industriali a 20 grammi di mandorle a merenda. Non me ne voglia nessun nutrizionista, ma se sei un tantino goloso, dopo un mese di restrizioni ti viene il latte alle ginocchia. Ho pensato questo: quanta gente, come me, fa un lavoro sedentario e non sa cosa mangiare per fermare la fame di metà mattina o metà pomeriggio? Oppure, quanti lavorano di notte e hanno bisogno di uno snack che gli permetta di ricaricare le batterie? Le merendine non mi sono mai piaciute e le “macchinette” – i distributori automatici negli uffici – vendono solo prodotti pieni di zuccheri. Non sempre si ha tempo o voglia di prepararsi qualcosa da casa. Quindi si, poi ho fatto le mie belle indagini di mercato, ma l’idea è nata proprio così. Nuda e cruda: avevo “voglia di qualcosa di buono”, ma non potevo permettermi gli zuccheri dei Ferrero Rocher di Ambrogio (se c’è qualche giovincello che si sta domandando chi sia Ambrogio, prego di farsi una cultura qui, grazie).

E così è nato #machesnack. Ideato da professioniste della nutrizione e creato dalle abili mani di Alex, sotto la guida del capo supremo della nostra cucina: mamma Loriana. All’inizio c’è stato da lavorare, i primi biscottoni sfornati sapevano più di segatura che di biscotto e la barretta si sfaldava appena la toccavi. Ma abbiamo lavorato a lungo su tutte le ricette ed il risultato è ottimo e soprattutto unico nel suo genere; infatti, le aziende che producono snack “salutistici” sono di ben altre dimensioni e hanno dei budget spesi in marketing che probabilmente valgono il doppio del mio bilancio di esercizio degli ultimi due anni. Non importa, non voglio mettermi in concorrenza con i colossi che si trovano al supermercato. Per me è motivo di orgoglio che una piccola azienda come la mia, porti avanti progetti di ricerca come questo.

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Clicca qui per vedere il primo degli 8 video della rubrica “Nutrizione & Benessere” di MaCheBuoni.

Perché scrivere di cucina (se non sai cucinare)?

Perché parlare di cucina, se non sai cucinare? E perché il calzolaio va in giro con le scarpe buche?

Quando è nato MaCheBuoni, siamo stati letteralmente travolti dagli eventi. Era appena partita l’emergenza Covid-19 e dovevamo riorganizzare il lavoro il prima possibile. La priorità era adeguarsi velocemente per riuscire a fornire un servizio adatto alla nuova situazione in cui ci trovavamo. Siamo partiti e basta, senza pianificazioni, senza marketing e grafiche accattivanti, solo seguendo l’istinto (di sopravvivenza!).

13 Marzo 2020. Una crostata e tante verdure per la nostra prima cliente, la signora Rita, 87 anni!

A distanza di 6 mesi, mi sembra il momento di fare un piccolo salto di qualità. Quindi torniamo alla domanda iniziale: “perché parlare di cucina (se non sai cucinare)?”. La risposta è che attraverso questo blog vorrei raccontarvi il dietro le quinte di MaCheBuoni. Vorrei parlarvi di come nascono le ricette, delle persone che collaborano al progetto, delle difficoltà e delle soddisfazioni di tutti i giorni. E vorrei farlo attraverso il mio punto di vista, che parte proprio dalla cucina. Non sono molto brava ai fornelli: un piatto di pasta o una frittata sono le mie creazioni più elaborate. I miei figli sono sempre inappetenti se preparo io la cena, mentre puliscono il piatto quando vanno dalla nonna. Un po’ come il calzolaio che ha le scarpe rotte: la mia azienda produce piatti pronti, ma io che sono la titolare non li so cucinare. Conosco i miei limiti, ma posso tranquillamente affermare che in cucina ci sono nata e cresciuta. Per me la cucina era la possibilità di stare vicina a mamma quando io ero piccola e lei lavorava al ristorante: a 4 anni impastavo gli gnocchi, a 11 friggevo patatine e preparavo taglieri. La cucina era il profumo dei cannelloni a casa di nonna, le tavolate zii e cugini. La cucina per me è un po’ come la Madeleine di Proust. Beh certo, siamo nelle Marche, quindi invece che di Madeleine sarebbe più indicato citare un bel coniglio in potacchio o un panino al ciauscolo, ma il concetto non cambia.

Vivo questa azienda a tutto tondo, e lo faccio perché è uno stimolo continuo a crescere e migliorarmi, non solo perché devo portare a casa uno stipendio. Perciò ecco, mi presento: sono Maila Perugini, 34 anni, cuoca mancata e titolare di un’azienda di pasti pronti. Spero di farvi un po’ sorridere con i miei racconti, di incuriosirvi e di creare uno spazio che mi permetta di avere un riscontro diretto con chi acquista (o non acquista) i miei prodotti.